Sottovalutare le capacità intellettive e di comprensione del testo della nuova generazione credo che sia il modo peggiore per combattere la violenza di genere. Contrariamente, anzi, perpetua ulteriori ostilità senza andare alla risoluzione di un problema.
Il genere rap, così come la trap, nasce da contesti sociali molto delicati. Si manifesta come un grido, una denuncia a delle realtà che non tutti (fortunatamente) conoscono. E come spesso accade in questi casi per denunciare un contesto si utilizza l’ostentazione, niente altro che uno scudo alle proprie debolezze. Ma questo non significa che chi ascolta una tipologia di strofe ne venga soggiogato al punto da mettere in pratica atti molesti.
Affermare questo significa mancare di rispetto anche al nostro punto di vista, quello dei giovani, ai nostri gusti o scelte musicali. Spesso queste ultime sono infatti semplicemente preferenze di una musicalità piuttosto che un’altra, vissute con molta più leggerezza e serenità di come le si vuole dipingere creando una seconda linea d’odio.
Affermare questo significa pensare che non esistano più margini tra realtà o finzione. E sulla stessa logica non poter più leggere un libro thriller o vedere una serie televisiva per paura di non saper scindere le buone azioni da quelle cattive.
La musica non ha il ruolo di educare. Così come nessun altro mezzo lo può avere al posto di una famiglia, una scuola, un contesto sociale in cui si vive.
Altrimenti dovremmo pensare ogni giorno alla donna nella sua versione oggetto, così come viene perpetrata continuamente anche solo dai programmi di intrattenimento vari, in qualsiasi fascia oraria.
Il significato che noi traduciamo da una canzone, un saggio, un articolo, un film, un podcast, è solo ed esclusivamente il risultato dell’ambito che ci ha cresciuti. Un problema da curare alla radice, non cercando altri sotterfugi.
Siamo giovani, ascoltiamo rap e anche trap. Eppure amiamo non solo le donne, ma le persone, qualsiasi sia il sesso, il colore o l’età.
Siamo giovani e pensanti. Se non amassimo e portassimo rispetto a donne e persone in genere, il problema sarebbe sicuramente più serio che da attribuire ad una canzone. Vista da noi, oltretutto, solo come un momento di svago.
Riccardo Rosolino
Consigliere delegato alle Politiche giovanili